Punto di vista - le caratteristiche della terza persona limitata



Dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. 

E il mondo appare diverso. 

(John Keating)

Questo è il primo post esplicitamente "on demand" che mi trovo a scrivere, o almeno ci provo: ho trentotto di febbre e sono a letto con due cuscini dietro la schiena, il computer sulle ginocchia. Mi sto annoiando a morte, per questo motivo ho deciso di svegliarmi dal mio torpore e provare a buttar giù il mio articoletto. Incrocio le dita, nella speranza di non scaricare troppi refusi sulla pagina. 

Qualche giorno fa, in un commento ad un post di Salvatore sul punto di vista, ho proclamato il mio amore per la terza persona limitata. Lui mi ha chiesto di approfondire il discorso, quindi eccomi qui.

Chi narra in terza persona limitata, adotta il punto di vista di uno o più personaggi, pertanto vincola la propria visuale a ciò che il soggetto sa, vede e conosce. Il narratore, quindi, non può esprimere il proprio pensiero né fare digressioni, a meno che queste non siano filtrate da un pensiero, da un ricordo o da un dialogo. Questa è la differenza fondamentale con il narratore esterno onnisciente, che invece può inserirsi a proprio piacimento in ogni vicoletto della nostra storia, guardando ogni situazione dall'alto come se fosse un dio. 
In ambito cinematografico, si parla di "inquadratura soggettiva" per definire la situazione in cui lo spettatore assume lo sguardo del personaggio, come se fosse quest'ultimo a tenere in mano la macchina da presa. La scena è filtrata dalla sua visuale. Pertanto, se un losco individuo si avvicina alle sue spalle con un coltello in mano, lui non se ne accorgerà mai. 


Il vantaggio maggiore della terza persona limitata è il garantire un'immedesimazione simile a quella offerta dalla prima persona, ma con maggior libertà per il narratore, che può utilizzare un linguaggio più articolato ed assumere, di volta in volta, il punto di vista di personaggi diversi. Ovviamente, deve mantenere un legame con il soggetto in questione,  rispettare il suo modo di pensare e di esprimersi: un bambino di sei anni non può parlare come un ingegnere aerospaziale, ma di questo molti autori si dimenticano.

In tale frangente, esistono due possibilità:

- Terza persona focalizzata. Si sceglie il punto di vista di un solo personaggio e lo si mantiene per tutta la storia.  Ogni evento, quindi, è filtrato attraverso la sua prospettiva: se il nostro eroe riceve una manganellata in testa e perde i sensi, la vicenda si blocca. 
Questa scelta narrativa può presentare un limite: il protagonista deve essere sempre presente sulla scena, gli altri personaggi possono essere descritti solo esternamente, i loro pensieri espressi attraverso i dialoghi o le impressioni di colui che guarda. Anche le descrizioni sono vincolate agli spostamenti del personaggio principale: tutto ciò che il protagonista non vede o non conosce è automaticamente escluso dalla narrazione.

- Io, personalmente, ho optato per una terza persona multipla, che passa di volta in volta la parola a personaggi diversi. Inizialmente avevo pensato di focalizzarmi su un unico punto di vista, almeno per i fatti avvenuti nel passato, ma sarei stata costretta a tagliare alcune scene molto importanti. In questo modo, riesco ad offrire una visione d'insieme e a descrivere meglio i personaggi principali, seguendo la storia da angolazioni diverse.
Tuttavia, occorre adottare alcuni accorgimenti. In particolare, dobbiamo evitare che il personaggio saltelli come una molla da una prospettiva all'altra. Mi è successo con un romanzo che ho appena terminato e credo di essere quasi impazzita nel tentativo di comprendere chi fosse il "proprietario" dello sguardo. Se decidiamo di cambiare punto di vista, è opportuno inserire una doppia interlinea o, addirittura, passare al capitolo successivo. In questo modo, il lettore si può orientare con una maggiore facilità e può immedesimarsi meglio con il personaggio che "vede". 
Solitamente, quando mi accingo ad affrontare una nuova scena, decido a priori quale punto di vista adottare. Mi è anche capitato di scrivere il medesimo brano più di una volta per comprendere quale personaggio fosse più adatto a filtrare gli accadimenti. Non sempre lo sguardo migliore, per quanto mi riguarda, appartiene al protagonista: ci sono momenti in cui si chiude in sé stesso, è divertente osservare i tentativi di chi cerca di comprenderlo. Mostrarlo dall'esterno è anche un modo per disegnargli intorno un alone di mistero.
Credo che la cosa più importante, se si vuole gestire una terza persona multipla, sia fare in modo che ciascun personaggio abbia la propria personalità così che il lettore comprenda subito di chi sia il punto di vista adottato. Solo una conoscenza profonda dei protagonisti ed un profondo lavoro di revisione può aiutarci a far sì che si possano distinguere l'uno dall'altro. Occorre marcare le differenze e conoscere il loro linguaggio, definire i gesti abituali e le piccole fissazioni quotidiane, nonché i diversi obiettivi e le specifiche motivazioni.
Con la terza persona multipla si può giocare in molti modi. Io, ad esempio, mi diverto moltissimo a creare "malintesi": il personaggio X crede che la fidanzata non gli risponda al telefono perché lo sta cornificando, e la fidanzata non gli risponde perché ha avuto un incidente con l'auto. Il lettore sa la verità e rimane incollato alla pagina. 
Quando ci sono due coprotagonisti, può essere interessante farli rivaleggiare o litigare: il lettore si troverà inevitabilmente a fare il tifo per uno di loro.

Per quanto riguarda i pensieri e le emozioni dei personaggi, sono stati individuati tre livelli di penetrazione psicologica. Se questo tipo di scelta non è attuata in sede di stesura, è opportuno definirla quando si revisiona, coerentemente con i risultati narrativi che vogliamo ottenere in ogni singola scena.

Penetrazione assente - I pensieri del protagonista sono intuibili soltanto attraverso i suoi comportamenti. Il narratore non indaga in profondità. 

Esempio - Marco guardò nello specchio il livido sotto l'occhio destro. Tirò un pugno contro il muro ed uscì in fretta, senza salutare sua madre. Scapicollò giù per le scale, velocemente. 
Il tizio che l'aveva picchiato era in piazza, come tutte le sere. Si avvicinò baldanzoso. "Hey, tu!" urlò a gran voce, spintonandolo. 

Questo stratagemma consente di velocizzare il ritmo della narrazione e permette al lettore di capire cosa sta accadendo, senza indirizzare gli eventi. 
Lo svantaggio è che, senza immedesimazione mentale, tutto ciò che abbiamo a disposizione sono i gesti e i movimenti dei personaggi. Occorre dunque conoscere molto bene la gestualità umana ed avere un vocabolario il più ampio possibile. 
Da questo brano, che ho inventato di sana pianta, possiamo capire qualcosina sul carattere di Marco, però non possiamo ancora sapere cosa pensa, perché il narratore non ci ha rivelato nulla sui suoi moti interiori. 

Penetrazione leggera - I pensieri sono espressi sotto forma di dialogo interiore, al presente ed in prima persona. C'è chi utilizza le virgolette. Io, personalmente, preferisco il corsivo. Per dare una sensazione più naturale, occorre evitare verbi quali "pensare", "meditare", "riflettere" ed affini. La focalizzazione su ciò che il personaggio vede e percepisce è maggiore, sebbene non espressa nel dettaglio. Si accentua così la vicinanza con il lettore.

Esempio - Marco guardò nello specchio il livido sotto l'occhio destro, mentre una scarica di rabbia saliva, dai suoi piedi, lungo la spina dorsale. 
"Maledetto bastardo."
Tirò un pugno rabbioso contro il muro ed uscì in fretta, senza salutare sua madre, che lo guardò perplessa.
Scapicollò giù per le scale, velocemente.
"So dove trovarlo."

Il tizio che l'aveva picchiato era in piazza, come tutte le sere. Marco si avvicinò baldanzoso. "Hey tu" urlò a gran voce, spintonandolo.

I pensieri rendono scorrevole la narrazione ed enfatizzano la scena. Tuttavia, spezzano il ritmo. Quando vogliamo garantire un forte coinvolgimento emotivo, risulta insufficiente. Pertanto, è necessario alternarla o sostituirla con la penetrazione profonda. 

Penetrazione profonda - I pensieri completano la narrazione e ne sono parte integrante.

Esempio -  Marco guardò nello specchio il livido sotto l'occhio destro, mentre una scarica di rabbia saliva, dai suoi piedi, lungo la spina dorsale. Era gigantesco, rendeva il suo zigomo asimmetrico. Maledetto bastardo: doveva andarlo a prendere. Nessuno poteva prendersi gioco di lui in questo modo.
Tirò un pugno rabbioso contro il muro ed uscì in fretta, senza salutare sua madre, che lo guardò perplessa.
Scapicollò giù per le scale, velocemente. Il sudore gli scivolava sul collo. Sapeva dove trovarlo, ma doveva raggiungerlo prima che se ne andasse.
Il pezzo di merda che l'aveva picchiato era in piazza, come tutte le sere. Marco si avvicinò baldanzoso e con una gran voglia di spaccargli la faccia. "Hey tu" urlò a gran voce, spintonandolo.

Il lettore si immedesima completamente e vive le emozioni insieme al protagonista. Per questo motivo, il personaggio
 deve essere ben costruito e coerente con se stesso, altrimenti la narrazione potrebbe risultare piatta o inverosimile.

In uno dei prossimi post, mi piacerebbe parlare degli errori più frequenti che si rischiano con la terza persona limitata, nonché di alcuni miei piccoli dubbi. Intanto ditemi, quale punto di vista preferite adottare? Prediligete una terza persona focalizzata o una terza persona multipla? In quale modo esprimete emozioni e pensieri dei personaggi?


Commenti

  1. Pendo dalle tue labbra. Brava Chiara, spero che ti senta meglio al risveglio (ma non abbastanza bene da andare al lavoro, così puoi farti un altro giorno a casa, hehe).
    Io sto usando una terza persona focalizzata, avevo giusto un dubbio a riguardo e te lo spiego subito. Deciderai tu se rispondermi subito o tramite il prossimo post sugli errori frequenti, che attendo con trepidazione.
    Nel mio romanzo il narratore è sempre in sincronia con la protagonista, sa solo quel che lei sa e scopre tutto tramite i suoi occhi. In un paio di scene però il personaggio spalla si stacca dalla protagonista e il narratore lo segue descrivendo brevemente cosa fa, mantenendo una "penetrazione assente".
    Se non lo facesse, si perderebbe molta della suspence. Secondo te si può fare? O rischio di rovinare la credibilità del narratore?
    Grazie :)

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    1. Io penso che si possa fare. La terza persona limitata, per quanto focalizzata, serve in quanto concede al narratore delle libertà che altrimenti non avrebbe, fra cui questa da te menzionata. Un suggerimento che mi sento di darti, tuttavia, è quello di giustificare il cambiamento di punto di vista. Diversamente il lettore potrebbe sentirsi un po' spiazzato :)

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  2. Io preferisco, in genere, la prima persona al presente o la terza persona onnisciente al presente. Qualche volta uso anche il passato remoto, ma più raramente.

    Per quanto riguarda il post, non fa una piega; mi domando solo a cosa serva la terza persona focalizzata... Non ha né i vantaggi della prima persona né quelli della terza persona multipla.

    Interessante invece, la questione della penetrazione psicologica. In genere, forse sbagliando, agisco d'istinto al riguardo. Adesso almeno ho un metro di valutazione. ;)

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    Risposte
    1. La risposta alla tua domanda è nel commento sopra! :)
      Io non amo il narratore onniscente, lo trovo obsoleto.
      Quanto alla prima persona, avevo pensato di inserirla, ma poi ho prediletto una terza persona a focalizzazione multipla perché mi interessa seguire diversi personaggi.

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    2. "Io non amo il narratore onniscente, lo trovo obsoleto." Anche se usato al presente?

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    3. No, al presente no. In generale, mi piace solo nei thriller. Lo considero utile. In una storia come la mia starebbe malissimo!

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    4. La terza persona focalizzata ha i vantaggi della prima persona, perché facilita l'identificazione con il personaggio di cui prende il punto di vista, e i vantaggi della terza persona, perché evita l'atmosfera da "diario segreto". Mi permette di presentare un personaggio che si crede brutto facendo vedere al lettore che in realtà è bello ma non se ne rende conto. Il narratore vede il mondo con gli occhi del personaggio ma può dare una sbirciatina dall'alto ogni tanto, regalando spessore alla narrazione.

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  3. La terza persona limitata... sono io che mi perdo in queste cose che tanto facili non sono. Fino alla definizione tutto ok. Però basta una frase e io vado in crisi. Esempio: Marco guardò nello specchio il livido sotto l'occhio destro. Pareva un panda.
    Terza persona limitata o onnisciente?

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    1. Secondo me è limitata, se è ciò che Marco pensa di sé stesso.
      "Marco non sapeva di somigliare ad un panda" è onnisciente :)

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    2. Anch'io penso che sia una terza persona limitata. Però quel "pareva un panda", che è il mio problema, è il punto di vista di un narratore in terza persona su Marco o è il pensiero di Marco? Tu dici che è ciò che Marco pensa di sé. "Pensò immediatamente a un panda", "Gli venne in mente un panda", se lo scrivessi così, ok, sono i suoi pensieri. Quel "pareva", con tempo verbale diverso dalla frase precedente, per me è una considerazione che può essere esterna a Marco, su un altro piano, il piano del narratore appunto. Marco è il protagonista, ma non è il narratore. Marco non pensa di essere un panda, pensa che sta per andare a fare a botte con qualcuno. Chi narra però fa una considerazione, per darci un'immagine di Marco che a Marco non passerà mai per la testa. Sto complicando cose semplici, vero? Però a me vengono tutti questi dubbi, quindi mi è facile andare in confusione. Ma forse è semplice, in fondo siamo d'accordo che è una terza persona limitata... risolto. O no?

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    3. I dubbi vengono anche a me. Te ne cito due, emersi di recente mentre scrivevo il mio romanzo, anch'esso in terza persona limitata.
      - il personaggio è in scena insieme alla madre. è giusto chiamarla per nome, oppure dire semplicemente "sua madre era sulla porta"? In fondo, lo sguardo è quello del protagonista. Pertanto, è lecito pensare che non chiami la madre per nome... però, mettendo "sua madre" in un brano lungo una pagina, la scena risulta appesantita.
      - "Tizio si sdraiò nella sua metà del letto". Ecco: quel "sua" va bene? Non sembra che il letto sia di qualcun altro? Non sarebbe forse meglio, essendo suo lo sguardo, scrivere "Tizio si sdraiò nella propria metà del letto"?
      Okay, per oggi il premio paranoia lo vinco io :D

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  4. Vorrei non dire che la mia preferita è la terza multipla con penetrazione profonda, visto come suona, ma è così. :( Ti permette di scegliere il punto di vista dei personaggi più adatti a presentare le scene che hai in mente, e al tempo stesso evita al lettore la sensazione di essere chiuso in una visuale ristretta. Se dovessi consigliare un neofita, gli direi proprio di usare la terza multipla, sia per imparare a calrsi bene nei personaggi che per prendere dimestichezza con il problema del punto di vista. Oggettivamente, però, ogni storia ha una forma che la fa risaltare, ed è quella da ricercare. Nel romanzo per YA che sto scrivendo adesso, per esempio, mi sono trovata nella prima persona quasi mio malgrado.
    (Non sapevo che qualcuno inserisse i pensieri tra virgolette. Io ho visto spesso il corsivo, ma preferisco non mettere nemmeno quello, perché comunque crea un piccolo stacco che non mi piace. Tanto si capisce molto bene anche così quali siano i pensieri e quale il testo normale.)

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    1. Il tipo di penetrazione psicologica, nel mio caso, varia di scena in scena e dipende da diversi fattori: innanzi tutto, il ritmo della scena. In secondo luogo, il personaggio e la sua funzione. Credo sia particolarmente adatta nei brani in cui c'è sostanzialmente poca azione.
      Sono sincera, a me il corsivo non dispiace: penso che velocizzi un po' il ritmo!
      Un abbraccio

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  5. Anch'io voto terza multipla con penetrazione profonda, anche se, proprio come Grazia, poi dipende dalla storia. La prima persona è snervante da gestire, ma può dare grande soddisfazione. Il narratore onnisciente lo trovavo obsoleto, ma vedo che sta tornando di moda (lo usa, ad esempio, Malvaldi).

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    1. Io mi diverto molto a scovare, nei romanzi, svariate possibilità di gestire il PdV. Ieri ho iniziato "Cento giorni di felicità" di Fausto Brizzi, in prima persona al presente, con il narratore che si rivolge direttamente ai lettori ("adesso vi spiego"). Devo ammettere che le prime pagine coinvolgono abbastanza, anche se servono soprattutto ad inquadrare la vicenda e i personaggi. Sono molto descrittive. Vedremo poi come evolverà la trama :)

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  6. Io non mi pongo mai domande sul narratore esterno, sbagliando, ne sono consapevole. Forse sono l'unico, ma ho seri problemi con le nomenclature della scrittura: roba come diegetico o altro a me non entrano in testa.

    Però il narratore multiplo, tipo quello usato da Martin, credo, è una buona scelta, secondo me.

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    1. Anche io mi trovo benissimo con il narratore multiplo. Il lettore si sente partecipe ed io riesco a farlo immedesimare con un discreto numero di personaggi. O meglio : ci provo ;)

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  7. Concordo con Grazia, ogni storia ha il suo punto di vista. Non avrei potuto scrivere il mio primo libro (Apoptosis) se non con il narratore onniscente perché volevo un'oggettività che lasciasse al lettore scegliere e valutare la realtà dei fatti narrati, poi in parte è un thriller e forse come dici tu il genere lo richiede. Il giallo che sto scrivendo ora è in prima persona e l'idea per il successivo prevede la terza persona immersa, questo per far immedesimare il lettore e tenerlo all'oscuro di alcuni avvenimenti come è l'investigatore. Per il momento non mi sono posto la questione dei pensieri, ma credo che valuterò caso per caso. Per quanto riguarda la terza persona multipla, per me può fuorviare il lettore, preferisco più una terza persona onniscente e fare in modo che i personaggi si mostrino per quello che sono e sia il lettore a desumere il loro carattere e i loro pensieri.
    Per quanto riguarda gli errori circa il punto di vista, ti posso riportare l'esempio di "La Svolta" di Michael Connelly che sto leggendo in questo periodo: l'autore fa narrare Mickey Haller in prima persona nei paragrafi in cui questo personaggio è presente, mentre usa la terza persona negli altri paragrafi. Non condivido affatto questa scelta stilistica.

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    1. Abbiamo opinioni radicalmente diverse sulla terza persona multipla ;)

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  8. Terza persona multipla, tutta la vita.
    :)

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  9. Arrivo casualmente dall'etere a scoprire questo blog e devo dire che è una piacevole sorpresa :)
    In merito al post:
    Sapreste indicarmi romanzi e/o racconti dove la terza persona limitata la fa da padrone? Intendo dire che è una delle colonne portanti del testo; rileggerlo in prima persona o terza onnisciente non solo lo andrebbe a snaturare ma lo priverebbe della sua bellezza.
    Grazie in anticipo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao, benvenuto! :)
      Ti chiedo scusa se la risposta arriva con qualche giorno di ritardo, ma non avevo visto il tuo commento, che per qualche strana ragione non mi è stato notificato via email.
      L'esempio più lampante, è il romanzo "Il confessore" di Jo Nesbo, che ho menzionato anche qui http://appuntiamargine.blogspot.it/2015/04/terza-persona-limitata-con.html sempre a proposito della terza persona limitata. Potrei poi citare i gialli di Biondillo e Cassani, così come i romanzi di Charlotte Link (sebbene alcuni di essi alternino la terza limitata alla prima persona). In generale, questo tipo di focalizzazione è utilizzato quando ci sono diversi personaggi importanti, che hanno il diritto/dovere di filtrare la scena. :)

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